Numărul 1 / 2008

 

"SUL BISOGNO DELL'ANTICHITÀ ETICA" OVVERO PICCOLE RIFLESSIONI SULL'ETOS DELL'INSEGNAMENTO

 

Dr. S. Alămoreanu*

Dr. Hab M. Szostak

Magdalena Jankowska- Szostak

T. Jurek**

 

 

Rezumat: Despre nevoia de etică . Reflecţii asupra etosului didactic. Problema cu care se deschide discuţia este cea de a stabili dacă se mai poate azi de un etos al profesiei didactice şi care ar fi acesta. Este el un privilegiu al civilizaţiilor evoluate? Şi dacă da, atunci cum măsurăm evoluţia ?

In fine, ce este etosul ?

O explicaţie poate fi formulată din înţelegerea progresului ca modul de transmitere a civilizaţiei spirituale de la o generaţie la alta prin generaţii. Născut într-o cultură, omul participă la ea si absoarbe alte culturi prin intermediul imbii vorbite. Un european mediu cunoaşte minim zece mii de cuvinte în limba natală.

Incepând cu Grecia antică, simbolul profesorului era unul dedicat educaţiei ca "vocaţie de viaţă".

Socrate, considerat "vinovatul de etos"din care naşte azi educaţia a formulat conceptul " Stiu ca nu ştiu ninic" în timp ce adversarii să sofişti erau priviţi ca şi "comercianţi de cunoştinţe".

Etosul profesorului se naşte din rădăcinile gândirii antice, fiind astăzi situat între ignoranţă şi nepăsare pe de o parte cu privire la ceea ce ar trebui să fie misiunea didactică, iar pe de altă parte respectul şi patosul social faţă de o misiune merituoasă.

 Se afirmă că rolul profesorilor de azi este acela de a-i învăţa pe elevi să îşi manifeste conştiinţă socială (prin neastâmpăr cognitiv) formulând întrebări, conform principiului că nu există intrebări greşite ci doar răspunsuri neadecvate.   

 

 

Mots clés: enseignement, éducation, éthique de l'éducation

 

La formulazione del tema costituisce il motivo di condividere non tanto i pronti consigli etici, o le ricette assiologiche, quanto una prova di intraprendere la riflessione sulla materia tanto dubbiosa quanti sono dubbi dell'autore di queste parole. Il dubbio, in se stesso, non può costituire il valore nella cosiddetta etica positiva, responsabile per la formulazione delle frasi affermative, invece la natura dell'insicurezza - il dubbio, edificata nell'ambito delle domande, è senza dubbio il dominio di cosiddetta etica negativa, fondata non sulla certezza cognitiva ma sulla - insicurezza - e per questo motivo lasciante la materia delle riflessioni nella sfera aperta, non verificata, quindi, secondo il paradigma positivo della scienza - senza il valore cognitivo.

La presente, breve, introduzione alle riflessioni sullo statuto della professione dell'insegnante, costituirà la prova di dividere con i Lettori alcune riflessioni - dubbi, che troppo spesso sono il risultato dell'ignoranza pronunciante queste parole, e quindi non della conoscenza. Le riflessioni quindi bisognerebbe iniziare dalla formulazione dei problemi di ricerche, contenute nelle frasi interrogative, che possono indicare l'ambito delle mie riflessioni.

 

La domanda che bisogna porre all'inizio delle riflessioni riguarda la logicità della questione intrapresa, se oggi generalmente si può parlare dell'etos della professione dell'insegnante, se poi esiste un etos determinante di questa professione?

La questione dell' etos dell'insegnamento costituisce il privilegio delle civiltà altamente sviluppate? Se è così allora quali sono i criteri di appartenenza a quelle civilizzazioni? Come rappresentarli e come misurare il livello del loro sviluppo, ecc.?

 

La tradizione - la storia di un popolo specifico, di un gruppo etnico o di una società locale, costituisce una base sufficiente nelle ricerche per fondarne un'istituzione della trasmissione di un determinato pensiero sociale, di capacità, usanze, valori e alla fine di conoscenza e religione?

La contesa per i valori della civilizzazione e della loro reciproca relazione dura quasi dagli inizi dello sviluppo della civiltà umana, eppure la dominanza della civilizzazione costituiva il motore dello sviluppo umano, cui strumenti, troppo spesso, erano i conflitti per i motivi territoriali, razziali, culturali, etici, religiosi ed attualmente politici, ideologici, etici o scientifici.[1] 

Come quindi si formulava nella storia dello sviluppo della civilizzazione l'istituzione dell'insegnamento? Chi era il maestro - insegnante, quale era il suo ruolo e in che cosa consisteva il senso del suo lavoro?

Alla fine che cosa è l'etos? E poi, esiste il senso di formulare tale concetto in riferimento alla professione dell'insegnante, in altre parole: l'etos non si muta in patos, e quindi non discrimina sé stesso?

 

Agli inizi delle riflessioni bisogna ricordare che le mie considerazioni saranno condotte nell'ambito della cultura europea - quindi nella cultura occidentale, poiché parto dalla tesi che proprio la tradizione europea abbia formato in noi, europei - polacchi, una relazione specifica all'ambito dell'insegnamento - molto interessanti sembrano gli argomenti sull'etos dell'insegnamento nelle culture africane o asiatiche, anzi, dovrebbero costituire il materiale per un altro studio.

Il riconoscimento e la spiegazione della questione che tratta lo sviluppo del progresso della civiltà spirituale dell'uomo e delle forme della sua trasmissione - ovvero dell'insegnamento da generazione in generazione, costituisce senza dubbi un insieme impossibile da descrivere delle domande, che non comporendono le risposte univoche - affermative.  Eppure tale trasmissione esiste. Gli uomini che nascono in una determinata cultura, possedono il meccanismo cognitivo da generazione in generazione sempre più ampio e più preciso dai loro successori. La complicazione della lingua (perché si parla di essa) attualmente conta alcune decine di migliaia di parole, tante si addottano nei standardi della linguistica (un europeo medio parla nella sua lingua madre almeno diecimila parole). In che modo quindi avviene la loro trasmissione, quale realtà si nasconde dietro ad esse? É possibile la loro conoscenza, altrimenti è possibile insegnamento della sua essenza?

Le prove di fornire una risposta su queste domande sono contenute in tutta la storia della riflessione filosofica della nostra cultura.

Tuttavia il valore delle conquiste del pensiero umano possiede una propria fonte ed attingere ad essa può costituire un'operazione molto curiosa e di valore cognitivo, solo apparentemente non adeguata allo stato della complicazione delle strutture attuali della vita sociale. Ci riferiamo ad una concezione abbastanza ingannevole dell'intellettualismo etico, mai uscita dal canone dell'etica, poiché da una parte veniva considerata non vera, per motivi della semplicità del pensiero contenuto in essa, dall'altra parte proprio tale semplicità costituiva il fondamento per la sua perennità e l'attualità. Vale la pena quindi di attingere ancora una volta alle origini del pensiero europeo, nel quale è nato l'etos dell'insegnante e del maestro, per lo più presente nella cultura europea fino ad oggi, liberando la scelta di eseguire il tema di questa lezione, per il dovere di commentare la realtà di oggi e dei suoi condizionamenti politico-socio-etico-economici. Nella cultura europea l'istituzione dell'insegnamento l'incontriamo per la prima volta nelle divulgazioni di Diogenes Laertios, e nonostante che egli scrivesse nelle due scuole opposte, in un certo senso il pensiero di esse fu insolitamente simile, senza dubbio appartenenti alle più eccellenti scuole della Grecia antica, che sollevarono l'istituzione dell'insegnamento al livello di cosiddetta "vocazione della vita". 

Intendo dire, da una parte Protagoras e sofisti, dall'altra Socrate ed i suoi allievi, che per l'originalità dei suoi metodi dell'insegnamento "pagò con la propria testa" - fu condannato a morte per la depravazione dei minori. L'inganno, nella scelta da me eseguita del modello dell'insegnante, è doppio. Da una parte abbiamo a che fare con il Maestro - il modello morale, l'ideale dell'insegnante, dall'altra con il suo opposto - nel se stesso antideale, antimaestro, amorale, visto in questo modo dai suoi contemporanei, ovvero dei greci, a cavallo tra il VI e  il V secolo a.C. La stessa figura di Socrate che parlava di se stesso che non possedeva la conoscenza, poiché nessuno è in grado di possederla, e riteneva come truffa ogni formula ed ogni possibilità della sua trasmissione, nello stesso attribuendola ai sofisti, alla scuola degli insegnanti della strada che commerciavano la conoscenza senza possederla (parlando nella lingua moderna erano specialisti del commercio "a scatola chiusa"). Tale arte, ovvero la capacità di spillare il denaro dalle tasche della gente, chiamavano la sofistica, ovvero l'insegnamento della saggezza. Il termine attualmente corrisponde alle relative connotazioni peggiorative nella lingua comune - descrivendo il linguaggio nella quale si manifesta il disordine semantico.

Il Socrate, che rendo responsabile per l'etos, di cui oggi, cosiddetto l'insegnamento, esulta (più o meno), l'ideatore della famosa sentenza - So di nulla sapere - attuale e compresa in diversi modi - ed i suoi avversari concentrati attorno la controversa scuola del sofisti - insegnanti - "commercianti della conoscenza".

Perché proprio Socrate diventò il sinonimo del maestro e così entrò al canone della storia della filosofia europea, qual è il motivo della sua attualità e della presenza nel mondo, molto dinamico, della riflessione intellettuale moderna? Perché la sofisitica, con la sua concezione della conoscenza, molto comoda ed astuta, non diventò il canone, il modello tracciante gli standard del saggio e del maestro?

Per rispondere a questa domanda mi permetto una breve digressione di natura storica. 

Verso la metà del V secolo a.C. apparve in Grecia un tipo di filosofia del tutto nuovo (- il concetto deriva dal greco filo-tes sofijas - e si traduce attualmente come l'amore della saggezza), staccando in questo modo con la riflessione coltivata precedentemente per quasi 200 anni, riguardante la filosofia della natura, coltivata fra l'altro nella scuola eleatica, pitagorea, o ionia. Quinidi il pensiero filosofico nei primi periodi, si sviluppava in Ionio, invece nel V secolo il centro principale dello sviluppo del pensiero furono Atene con lo statuto di città - stato che vivevano quella volta il periodo d'oro dello sviluppo culturale. In quel perriodo l'oggetto d'interesse della filosofia nuova non era più la natura e i conseguenti problemi dell'universo, dell'esistenza, le infinite ricerche di arche- ovvero le antiche regole degli elementi, delle origini, ma il loro posto occupò l'uomo. Gli interessi umanistici caratterizzanti l'epoca di Pericle furono senza dubbio i risultati dei profondi cambiamenti politici e socio-economici che avvenivano nel mondo della filosofia greca  in tutto quel spazio di tempo. Nella prima fase classica dell'epoca della filosofia greca il ruolo principale svolgevano i sofisti e il Socrate. La seconda fase fu fondata sulle idee platoniche del Socrate e su quelle aristoteliche, come seguito di quelle platoniche, come la loro opposizione. L'attività dei sofisti, gli insegnanti di professione, che a prezzo alto preparavano la gioventù di Atene alla vita pubblica, furono considerati, non senza ragione, gli ideatori dell'Illuminismo di Atene. Abbandonando il trapassato e tradizionale sistema dell'insegnamento, basato in gran parte sulla lettura e sul comentare delle opere di Omero e degli altri poeti, i sofisti introdurono il metodo dialettico, addottato dagli eleati, che serviva a far cadere nelle discussioni le idee dell'avversavio, attraverso la dimostrazione della falsità delle sue argomentazioni. La dialettica insegnata dai sofisti, ebbe un uso pratico pluridimensionale - da qui l'attrattività di questa scienza e la sua enorme influenza sulla società contemporanea di Atene. Insegnando i propri allievi di pensare, parlare, discutere, i sofisti li attrezzavano nelle armi altamente utlili nei processi giudiziari e nelle assemblee popolari. Tuttavia i sofisti non si limitavano all'insegnamento pratico del metodo dialettale per l'uso della retorica,  la trasformazione del mondo risultante dalla loro attività era la conseguenza dei loro attacchi e delle critiche alle norme etiche, giuridiche, sociali, politiche tradizionali e soprattutto ai dogmi e i concetti politici. Protagora di Abdera, il più eccellente dei sofisti, il suo scritto sugli dei, inizio da seguente affermazione:

"Degli dei non sono in grado di sapere né se sono né se non sono né quali sono, molte infatti sono le difficoltà che si frappongono: la grande oscurità della cosa e la limitatezza della vita" Tali idee annunciate pubblicamente fecero nascere con il tempo l'avversione della maggior parte della società verso i sofisti e lo stesso Protagora rischio il processo e dovette abbandonare Atene. Le idee sue e degli altri sofisti sono conosciuti principalmente dai dialoghi di Platone: Protagora o Teaite - nei quali il filosofo espresse la protesta e la critica contro le tesi dei sofisti. La svolta compiuta da sofisti nella filosofia greca, riguardava principalmente la teoria della conoscenza, poiché proprio i sofisti iniziarono le ricerche umanistiche libere dal primato della cognizione naturale, dirigendo l'attenzione dello studioso della filosofia sui binari di dialettica, retorica, politica, etica, fornendo la loro scienza in obiettivi esclusivamente pratici, attraverso l'utilizzo dei metodi pragmatici. Di conseguenza la teoria sofistica della conoscenza costituiva un espressione di sfiducia alla sapienza e si basava su sensismo, razionalismo e convenzionalismo.

La quintessenza delle idee sofistiche esprimenti un estremo relativismo cognitivo è stata espressa da Protagora nella sua affermazione: "L'uomo è misura di tutte le cose: di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono."

La guerra ai sofisti e soprattutto al loro relativismo estremo, inizio Socrate (469- 399 a .C.) il figlio di uno scultore e di una ostetrica (ciò non è indifferente dal punto di vista delle sue successive idee teorico cognitive), fu il mercenario di Polidai, Delion, Amfipolis. Nell'età giovane si interessava di filosofia della natura, più tardi però si occupava esclusivamente di etica come del più utile genere della sapienza. L'attività dell'insegnamento di Socrate godeva di una grande popolarità nei cerchi della gioventù di Atene - con il tempo però essa gli procurò dei nemici. Nel 399 a .C. fu accusato di empietà e demoralizzazione dei giovani e in seguito condannato alla morte. Similmente ai sofisti, Socrate insegnava i passanti casuali per le strade, però non facendosi pagare! (Santippe)

Insegnava le cose strane, apparentemente conosciute e facili da apprendere. Per esempio dimostrava che la più grande virtù dell'uomo è la sua audacia, che essa è una perfezione fisica e spirituale. Tale virtù possiede il soldato audace e riflessivo, il giudice che sentenzia in modo oggettivo e giusto, anche l'artigiano che esegue gli oggetti belli e perfetti. La virtù cui origine è la saggezza, si basa sulla conoscenza, quindi si può e si deve impararla. Socrate conduceva le discussioni sulla strada in modo duplice: con il metodo elenctico, cercando di far cadere le tesi false del conversatore attraverso le domande,  limitando all'assurdo tutte le sue affermazioni ed i convincimenti, oppure lo conduceva al raggiungimento di una vera sapienza, dimostrandogli l'essenza della cosa attraverso l'induzione ed l'analogia, più spesso utilizzava tutti e due metodi contemporaneamente. L'intellettualismo etico di Socrate si fondava sulla tesi che la virtù è un bene assoluto, connesso con l'utilità e la felicità, e la sapienza è una condizione della virtù.

Nella teoria della conoscenza egli riteneva, al contrario dei sofisti, che esiste la verità oggettiva, che si può conoscere attraverso l'induzione, attraverso la definizione dei concetti generali come giustizia, devozione, coraggio. I presupposti dell'idealismo stanti nell'insegnamento di Socrate e il suo éudemonismo, rivelante l'indivisibilità della felicità, ragione e virtù, influì ampiamente sulla filosofia e su tutta la cultura greca. Tutta la cultura della Grecia antica e nel successivo IV secolo fu sotto una grande influenza sia dell'operato del Socrate, sia dei Sofisti.

Eppure ambedue scuole contrapposte dell'estremo relativismo dei sofisti e dell'éudemonismo del Socrate, condussero nei secoli successivi alla formazione delle istituzioni dell'insegnamento chiamate scuole, cui l'espressione più alta costituisce l'Accademia di Platone, allievo di Socrate e la scuola continuata da Aristotele, denominata Liceo.

 

Senza dubbi, riflettendo sulla problematica dell'etos dell'insegnamento bisognerebbe accingerci alla questione molto contestata ed ingrata della cosiddetta "Dignità dell'insegnante". La scissione, secondo me, delle posizioni dei sofisti e del Socrate, riguardava proprio tale questione. I sofisti, trattanti relativamente la sfera della dignità, portarono a lanciare l'idea del pragmatismo e quasi mercantilismo cognitivo, trattando l'insegnamento come una forma di un buon pagamento, Socrate invece "(...) trattava tale attività come una missione della vita, nella quale, incontrando la gente sconosciuta aiutava loro imboccare la strada giusta della verità, della sapienza e della virtù, come se aiutasse a germogliare in loro la loro conoscenza, ovvero come lui stesso parlava di sé, compieva soltanto il dovere dell'ostetrica. Da qui deriva la mia suggestione precedente che la professione della sua madre non fu senza il significato per lui.

Le idee di Socrate conosciute soprattutto dalle fonti di Platone e da quelle degli Opposti Xenofonti, nonostante l'analfabetismo (apparente) di Socrate, perdurano come idee che segnano gli standard del maestro e del saggio, avente cura dello sviluppo spirituale dei propri allievi. Per questo motivo credo che la sfera della spiritualità umana e il suo sviluppo sono sottoposti alle limitate leggi del mondo esterno e non possono essere regolate dalle relazioni politiche, ideologiche od economiche.

 

Un esempio positivo può costituire la riforma di Humboldt del 1908.

 

Da qui deriva il postulato di dividere la scienza dagli stati ed assicurare ad essa la libertà dello sviluppo del 1908, proposto dal gruppo degli intellettuali tedeschi, chiamato la riforma di Humboldt ed esso è, secondo me, un ottimo esempio di ben concepito il ruolo dell'insegnamento e dell'educazione, realizzante il compito di preparare le generazioni successive allo sviluppo della cultura e della civiltà spirituale. 

 Il concetto dell'etos dell'insegnamento - l'etos dell'insegnante nacque in base alle formazioni etiche del pensiero antico greco, combattenti fra esse, in base agli scontri delle ragioni degli stati di guerra e di crisi dei valori, oppure attualmente in base agli scontri di queste opinioni, da una parte: ignoranza e menefreghismo della missione vitale quale dovrebbe costituire l'insegnamento, e dall'altra il rispetto e il patos sociali meritante per questa attività, non presentano le naturali condizioni allo sviluppo dell'istituzione dell'insegnamento - eppure lo stato di crisi dei valori costituisce il più interessante e, nello stesso, il più prezioso momento nello sviluppo di ciò che  oggi potremmo chiamare la coscienza sociale, ma il ruolo degli insegnanti moderni non dovrebbe insegnare, (attraverso l'approfondimento dei dubbi intellettuali e il suscitamento della curiosità cognitiva) soprattutto di porre le domande secondo la regola, che non esistono le domande inadatte, ma soltanto le risposte inadeguate?

Finendo vorrei ancora focalizzare l'attenzione del Lettore sulle parole del padre dei sofisti - Protagora, che pronunciando le parole: "L'uomo è misura di tutte le cose: di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono", diede la prova di un'ampia consapevolezza della relatività della materia linguistica e nello stesso si liberò dall'accusa di Socrate sulla propria ignoranza, ma anche sulle parole di Socrate che sapere significa possedere la coscienza della propria ignoranza, dei propri limiti.

Il pensiero, quindi, di ambedue pensatori non riguarda per lo più la stessa cosa, ovvero la saggezza compresa come la consapevolezza della propria ignoranza, che segna il criterio e gli standard dell'insegnamento, consistente soltanto in avere cura del percorso dello sviluppo spirituale dell'allievo, secondo i propri criteri - secondo la consapevolezza soggettiva dell'Insegnante?

 Esiste quindi la risposta sull'etos moderno della professione dell'insegnante, e se non esiste, se questa mancanza della risposta (risultante probabilmente non dall'ignoranza, ma dalla sua eccessività) non costituisce in se stesso la risposta desiderata?

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 [1] Basta ricordare un'espressione politica abbastanza inopportuna del premier italiano Silvio Berlusconi sul tema della superiorità della civilizzazione occidentale sulla civilizzazione orientale, in riferimento agli attacchi terroristici dei fondamentalisti islamici.  

 

* Conferenţiar, Facultatea de Drept, UBB Cluj-Napoca, sorinalamoreanu@yahoo.com.

** Facultatea de Drept, Universitatea Wroclaw.


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